venerdì 30 gennaio 2009

In un’altra libreria


Daria Bignardi - Non vi lascerò orfani – Edizioni Mondadori € 17,50

Sceso che sono dal solito treno da pendolari nel buio e freddo delle sette di sera di ritorno da Milano, mi viene l’uzzolo di entrare nella libreria Giunti di Borgo Faxhall.
Così svolto a sinistra e pochi passi dopo sono davanti a una catasta di libri tutti addossati come i mattoni di un inquietante muro di carta. Vado come un rabdomante a una pila di volumi circondata da altri grossi e prepotenti, ne prendo in mano uno, lo apro alle prime pagine e leggo:

“Questo è la morte, oltre alla mancanza di chi non c’è più: è la vita, con tutti i suoi ricordi.
E amore. Tutto l’amore che chi se ne va ci ha dato, buono o cattivo che sia stato.
Per quello soffriamo tanto quando ci muoiono i genitori: sappiamo bene che nessuno ci amerà più così.
Ci piangiamo addosso, meschini.
Se muoiono di malattia è un’agonia. se muoiono improvvisamente una sciabolata nel cuore.
Ti manca un pezzo e non ci puoi credere che potrai vivere senza il loro sguardo addosso. Senza la possibilità di far felice qualcuno solo perché hai telefonato, hai sorriso, ti sei ricordato, hai fatto un gesto piccolo che non ti è costato niente, solo perché sei contenta, solo perché esisti.
Capisci che l’unica cosa che conta nella vita è l’amore che puoi dare a chi te lo chiede, che siano i figli, i nonni, o la prima persona che incontri per strada.
Che essere gentili e pazienti conviene, perché quello che non abbiamo dato pesa più di qualunque cosa possiamo aver perso: tempo, divertimento, riposo.
Ti illudi che ora che l’hai capito passerai il resto della vita ad amare gli altri.
Forse lo farai, forse no.”

E mi sono trovato a trascrivere queste parole come se mi avessero aspettato, come se volessero davvero essere lette da me, tanto aderivano a quanto rimuginavo su avvenimenti lieti e tristi capitati in questi giorni a me e ad alcuni amici.

Come dice Vinicius de Moraes, “la vita, amico, è l’arte dell’incontro”.

sabato 10 gennaio 2009

la Feltrinelli è chiusa!!!



Nel gelo e buio della sera del primo dell’anno l’unico luogo accessibile, caldo e luminoso, accogliente scrigno di molti tesori preziosi, è la libreria Mondadori in Corso Vittorio Emanuele.
Qui trovo, gioiello piacevolissimo, un grande album con le foto delle varie fasi dell’edificazione della Torre Eiffel e tutti (tutti!) i disegni tecnici originali e dettagliati come le istruzioni di un gigantesco meccano per bambini un po’ cresciuti.
E anche se per la maggior parte di noi lettori (che non siamo tutti ingegneri meccanici) è durissimo se non impossibile capire ogni specifica indicazione, ciò non di meno lo sfogliare le pagine e pagine di questo preciso, esatto vorticare di linee e curve, di sezioni e prospettive ci precipita in un allucinato, felice viaggio lisergico; ci racchiude tutti nella serica, ferrea, implacabile filatura fantastica che il caro ingegnosissimo ragno in dure trine e traforati arabeschi d’acciaio tesse per noi.
Gloria, dunque, e lode a te, Gustavo Alessandro Eiffel e al tuo trionfante giocattolo!

Gustave Eiffel La Tour de 300 mètres The Eiffel Tower
The iron colossus: the construction of the Eiffel Tower in drawings and photographs
29,99 euro, 160 pages
TASCHEN's 25th anniversary - Special edition!

martedì 6 gennaio 2009

Sempre sul tema del valore femminile, segnalo un libro che tra veline e reality indica un altro futuro possibile:

di Rita Levi Montalcini e Giuseppina Tripodi
“Le tue antenate. Donne pioniere nella società e nella scienza dall’antichità ai giorni nostri” Gallucci editore. 13 euro 151 pagine
.

Le biografie delle settanta donne eccellenti raccontate in questo volume sono effettivamente esempi alti ed anche eroici di come, nonostante tutto, tantissime donne (anche le più umili e di anonime condizioni) siano state capaci, a costo di sacrifici e rinunce e, non da ultimo, della vita stessa, a non rinnegare la propria natura, a non subire la volontà di quanti (padri e fratelli, figli, mariti, amanti, politici, preti, vescovi e papi) avrebbero voluto e, forse, tuttora vorrebbero (e così in molte parti del mondo ancora vogliono) loro imporla.
Così Rosalind Elsie Franklin che per prima immortalò la doppia elica del Dna fornendo le basi per le ricerche di Watson e Crick, i quali vinsero successivamente il premio Nobel per la medicina proprio grazie alla “foto 51” realizzata con i raggi x dalla stessa Franklin che nel frattempo era morta a 37 anni di cancro per le radiazioni subite e non ricevette nemmeno una citazione durante la premiazione dei due colleghi a Stoccolma.
E ancor prima, Ipazia di Alessandria, filosofa e matematica del IV secolo d.c., considerata la più famosa scienziata dell’antichità e lapidata su ordine del vescovo Cirillo e alla quale, raccontano Levi e Tripodi “tolsero gli occhi quando era ancora viva e il suo corpo fu bruciato e distrutto” tanto era lo scandalo e terribile agli occhi dei suoi contemporanei.
Molte, per poter studiare, scelsero di chiudersi in convento (luogo che permetteva loro incredibilmente quella libertà che altrove era ad esse preclusa).
Fu il caso tra i tanti di Ildegarda di Bingen e della figlia di Galileo, Virginia “donna di esquisito ingegno” che fu clarissa nel monastero di Arcetri.
Wiliamina Paton Flaming si fece assumere come governante dal direttore dell’osservatorio astronomico di Harvard pur di continuare a studiare il cielo e scoprire un nuovo tipo di stelle, le nane bianche.
Lilion Muller Gilbert, madre di dodici figli e, ciò nonostante, prima donna ammessa nel 1926 all’associazione americana degli ingegneri meccanici.
La stessa Levi Montalcini si laureò col parere contrario del padre e fu costretta per via delle leggi razziali del 38 a lasciare l’università e a proseguire i suoi esperimenti sui neuroni adattando a laboratorio la propria camera da letto.
E il caso più conosciuto di Marie Curie e della figlia Irene che vinsero tre premi Nobel per i loro studi sulle radiazioni (e per queste morirono di leucemia).
E tante, ancora tante.
Tutte decise a voler vivere come desideravano, come volevano essere.

sabato 3 gennaio 2009

2009

Fuochi artificiali:
da Auckland a Sidney, da Rio a New York, da Mosca a Madrid un tripudio di auguri.

Fuochi reali:
bombe sulla Striscia di Gaza; un ragazzo di 23 anni arso vivo in Calabria; un ragazzo di 25 ucciso per essersi affacciato in un momento sbagliato; una ragazza stuprata alla festa di capodanno a Roma.

Tempo un giorno e l’anno nuovo sembra già riciclato.

“Viviamo ancora dominati dai bassi impulsi” dice Rita Levi Montalcini nel numero odierno del Venerdì di Repubblica “come cinquantamila anni fa. Perché il nostro cervello ha una componente arcaica e limbica (che ha sede nell’ippocampo) che è aggressiva, emotiva e affettiva ed è quella che ha permesso all’australopiteco di salvarsi, quando è sceso dagli alberi e ha affrontato il mondo.
L’altra componente, cognitiva e neocorticale, è molto più recente e corrisponde alla fase del linguaggio. Purtroppo questa parte non riesce ancora a controllare quella più antica che, anzi, nei momenti estremi (guerre, crisi, carestie) torna dominante. Sono le condizioni ambientali in definitiva a metterle in funzione: nei regimi totalitari, per esempio, l’attività del cervello arcaico è al massimo.” “Ma le emozioni allora? dobbiamo metterle a tacere?” “Occorre tenerle sotto controllo.
Ed è quello che andrebbe insegnato a scuola. I bambini non sono cuccioli di cane, hanno una componente cognitiva sulla quale bisogna far leva fin dalla nascita.”

La signora Rita Levi Montalcini va per i cent’anni. Li compirà alla fine di aprile.
Del cervello (e del suo in particolare) dice: “Il cervello non ha rughe. Se continua a lavorare sodo si rinnova continuamente, anche dopo gli ottant’anni. Anzi può perfino migliorare. Con la mia attività lo dimostro: oggi ritengo di avere più possibilità di quando avevo vent’anni per profondità di pensiero e di intuito.” “Bisogna tenere il cervello in attività, sviluppare nuove passioni, perché, altrimenti, il cervello si ferma e con lui il corpo.” “Per le donne,poi , è particolarmente importante perché le donne valgono esattamente come gli uomini, anzi sono dotate di una maggiore flessibilità cerebrale. Purtroppo nel corso del la storia sono state tenute lontane dall’istruzione. Ma laddove hanno accesso al sapere, i risultati non mancano.”

Il bramino Dona vide il Buddha seduto sotto un albero e fu tanto colpito dall’aura consapevole e serena che emanava, nonché dallo splendore del suo aspetto, che gli chiese:
“Sei per caso un dio?” “No, brahmana, non sono un dio” “Allora sei un angelo?” “No davvero, brahmana.” “Allora sei uno spirito?” “No non sono uno spirito.” “E allora che cosa sei?”
“Io sono sveglio.”