sabato 12 dicembre 2009

Bianco Natale



Senza dubbio né timore da Erode
lo avreste riportato, ma, fallito
l’intento, con gran lena le ferite
infliggete ed i chiodi nuovamente

mercoledì 30 settembre 2009

Avanti popolo


Ogni vero uomo lo pensa e appena può, quando passa una bella ragazza, “’mazza”, dice, “che gran gnocca! che bella figa!!!”

Questa infima modalità di argomentazioni viene (deve essere) sempre espressa ad ogni occasione privata o pubblica, in qualsiasi circostanza capiti, sia con gli amici al bar, od a una conferenza stampa con il capo del governo spagnolo, o andando incontro alla moglie del presidente degli Stati Uniti.

Così il discorso deve mantenersi al più alto livello di semplificazione e genericità.
Vicino al sentire semplice, genuino, spontaneo, viscerale del popolo.
Il popolo che non capisce, a cui non interessano sofismi, cavilli, sottigliezze, arzigogoli, astuzie, finezze…

Quello stesso popolo che mio padre, un tempo a me giovinetto, indicava come il più caratteristico, il più suadente, il più fraudolento dei possibili temi con cui, come un incessante mantra, una litania perpetuamente intonata, i cattivi comunisti trinariciuti intendevano ingannare gli ingenui e illudere gli sprovveduti, viene in tutti i discorsi e le orazioni, ora, instancabilmente evocato da quegli stessi sedicenti liberali trasfiguratisi d’un colpo in inattesi leninisti, in impensabili e feroci sovversivi per poter giustificare ogni loro scelleraggine e prepotenza, ogni delitto ed infamia.

mercoledì 24 giugno 2009

HABITAT

La Valtrebbia di Fabrizio Bertuzzi

dal 27 giugno al 5 luglio 2009
nel cavedio dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio

Dopo l’ultima mostra “a goccia a goccia” del 2004 il CDF torna a presentare una scelta di immagini nel cavedio dell’Abbazia di San Colombano.

Non si tratta tanto di un florilegio, di un “greatest hits”, il “meglio di”, ma della riflessione, attraverso un percorso ragionato, su quale senso abbia ora il lavoro che il CDF ha elaborato per un tempo lungo quasi una vita.
La vita certamente di Fabrizio che ha dedicato non poco delle sue energie, del suo tempo, delle sue competenze e, non ultimo, della sua allegria al CDF.

Si tratta, dunque, di una mostra in cui abbiamo raccolto in una considerevole sintesi molte delle immagini che hanno costituito il nostro percorso di conoscenza naturale, architettonico, umano e sociale del territorio della Valtrebbia.
Percorso che dobbiamo soprattutto al contributo appassionato e paziente di Fabrizio Bertuzzi che ci ha insegnato a leggere e a scrivere e a vedere oltre quello che appare andando per i borghi, le strade, i boschi, le montagne, incontrando le donne e gli uomini dentro le loro case, nei campi, sul lavoro, nelle piazze, ai caffè.

Nello scegliere e ordinare la gran mole di immagini che si sono accumulate nel corso di tutte le mostre che, a partire dagli anni 90 il CDF ha allestito, ci siamo accorti di aver aperto lo scrigno di un tesoro prezioso.
Effettivamente si rivelava ai nostri occhi di “moderni” un mondo che, benché non lontanissimo nel tempo e a noi appartenuto, risulta oggi quasi favoloso e per molti più giovani incomprensibile, tanto le coordinate culturali e gli stessi strumenti di indagine si manifestano ormai largamente inadeguati.
Il mondo evocato che era dei nostri nonni e dei nostri padri e pure ancora nostro, delle nostre giovinezze di baby boomers ormai prossimi, se non già alla pensione e ancora attuale e riconducibile alle nostre esperienze fino a non poco tempo fa, rischia, oggi, d'apparire un insieme di bizzarri reperti fossili.
Eppure riguardando questo mondo antico ci sorprendiamo allo stesso tempo a riconoscere un futuro a noi forse già prossimo.
Il tempo incerto che incombe su di noi e sulle a noi successive generazioni rimette in gioco le brevi certezze della nostra tramontante era.
Il mondo nuovo che ci aspetta sarà più aspro di quello che ci ha illuso di vivere per sempre in pace e serenità liberi dal bisogno.
Rivediamo nelle immagini qualcosa di più nuovo, qualcosa che ci sarà un'altra volta utile: la roncola per tagliare la legna, la forca, il badile, la casa di sasso, la pieve, il camposanto, la solidità della terra ricoperta di boschi, l'acqua, la pietra, il monte.

Tra i monti Fabrizio riposa, inaspettatamente e precocemente scomparso, dallo scorso anno.

Da Viserano, non lungi, puoi vedere scorrere il Trebbia , puoi vedere i campi, i boschi, i sentieri, le strade lungo le quali abbiamo camminato, fumato, riso, discusso e fotografato insieme.
Ancora puoi indicarci i segni di una storia che ritorna.
Ancora, Fabrizio, attraverso il tuo lavoro e le nostre immagini ripercorriamo i luoghi, rincontriamo le persone che abbiamo conosciuto nei tanti anni del nostro sodalizio così fruttuoso e bello.
A te dedichiamo la mostra e il nostro lavoro.
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domenica 10 maggio 2009

La libreria Giunti di Borgo Faxhall



Sono passati più di tre mesi dall’ultimo post.
La libreria Giunti non c’è più.
Tutti i libri che in essa si offrivano ai vostri occhi, alle vostre mani, al piacere della vostra mente,
del vostro cuore sono scomparsi.
Al loro posto è rimasto un vasto buco nero.
Enormi stanze spoglie e fredde e buie.
Dove sono i libri?
A chi importa che fine abbiano fatto?
Dove sono gli uomini, le donne, i bambini che abbiamo respinto?
A chi importa che fine abbiano fatto?

venerdì 30 gennaio 2009

In un’altra libreria


Daria Bignardi - Non vi lascerò orfani – Edizioni Mondadori € 17,50

Sceso che sono dal solito treno da pendolari nel buio e freddo delle sette di sera di ritorno da Milano, mi viene l’uzzolo di entrare nella libreria Giunti di Borgo Faxhall.
Così svolto a sinistra e pochi passi dopo sono davanti a una catasta di libri tutti addossati come i mattoni di un inquietante muro di carta. Vado come un rabdomante a una pila di volumi circondata da altri grossi e prepotenti, ne prendo in mano uno, lo apro alle prime pagine e leggo:

“Questo è la morte, oltre alla mancanza di chi non c’è più: è la vita, con tutti i suoi ricordi.
E amore. Tutto l’amore che chi se ne va ci ha dato, buono o cattivo che sia stato.
Per quello soffriamo tanto quando ci muoiono i genitori: sappiamo bene che nessuno ci amerà più così.
Ci piangiamo addosso, meschini.
Se muoiono di malattia è un’agonia. se muoiono improvvisamente una sciabolata nel cuore.
Ti manca un pezzo e non ci puoi credere che potrai vivere senza il loro sguardo addosso. Senza la possibilità di far felice qualcuno solo perché hai telefonato, hai sorriso, ti sei ricordato, hai fatto un gesto piccolo che non ti è costato niente, solo perché sei contenta, solo perché esisti.
Capisci che l’unica cosa che conta nella vita è l’amore che puoi dare a chi te lo chiede, che siano i figli, i nonni, o la prima persona che incontri per strada.
Che essere gentili e pazienti conviene, perché quello che non abbiamo dato pesa più di qualunque cosa possiamo aver perso: tempo, divertimento, riposo.
Ti illudi che ora che l’hai capito passerai il resto della vita ad amare gli altri.
Forse lo farai, forse no.”

E mi sono trovato a trascrivere queste parole come se mi avessero aspettato, come se volessero davvero essere lette da me, tanto aderivano a quanto rimuginavo su avvenimenti lieti e tristi capitati in questi giorni a me e ad alcuni amici.

Come dice Vinicius de Moraes, “la vita, amico, è l’arte dell’incontro”.

sabato 10 gennaio 2009

la Feltrinelli è chiusa!!!



Nel gelo e buio della sera del primo dell’anno l’unico luogo accessibile, caldo e luminoso, accogliente scrigno di molti tesori preziosi, è la libreria Mondadori in Corso Vittorio Emanuele.
Qui trovo, gioiello piacevolissimo, un grande album con le foto delle varie fasi dell’edificazione della Torre Eiffel e tutti (tutti!) i disegni tecnici originali e dettagliati come le istruzioni di un gigantesco meccano per bambini un po’ cresciuti.
E anche se per la maggior parte di noi lettori (che non siamo tutti ingegneri meccanici) è durissimo se non impossibile capire ogni specifica indicazione, ciò non di meno lo sfogliare le pagine e pagine di questo preciso, esatto vorticare di linee e curve, di sezioni e prospettive ci precipita in un allucinato, felice viaggio lisergico; ci racchiude tutti nella serica, ferrea, implacabile filatura fantastica che il caro ingegnosissimo ragno in dure trine e traforati arabeschi d’acciaio tesse per noi.
Gloria, dunque, e lode a te, Gustavo Alessandro Eiffel e al tuo trionfante giocattolo!

Gustave Eiffel La Tour de 300 mètres The Eiffel Tower
The iron colossus: the construction of the Eiffel Tower in drawings and photographs
29,99 euro, 160 pages
TASCHEN's 25th anniversary - Special edition!

martedì 6 gennaio 2009

Sempre sul tema del valore femminile, segnalo un libro che tra veline e reality indica un altro futuro possibile:

di Rita Levi Montalcini e Giuseppina Tripodi
“Le tue antenate. Donne pioniere nella società e nella scienza dall’antichità ai giorni nostri” Gallucci editore. 13 euro 151 pagine
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Le biografie delle settanta donne eccellenti raccontate in questo volume sono effettivamente esempi alti ed anche eroici di come, nonostante tutto, tantissime donne (anche le più umili e di anonime condizioni) siano state capaci, a costo di sacrifici e rinunce e, non da ultimo, della vita stessa, a non rinnegare la propria natura, a non subire la volontà di quanti (padri e fratelli, figli, mariti, amanti, politici, preti, vescovi e papi) avrebbero voluto e, forse, tuttora vorrebbero (e così in molte parti del mondo ancora vogliono) loro imporla.
Così Rosalind Elsie Franklin che per prima immortalò la doppia elica del Dna fornendo le basi per le ricerche di Watson e Crick, i quali vinsero successivamente il premio Nobel per la medicina proprio grazie alla “foto 51” realizzata con i raggi x dalla stessa Franklin che nel frattempo era morta a 37 anni di cancro per le radiazioni subite e non ricevette nemmeno una citazione durante la premiazione dei due colleghi a Stoccolma.
E ancor prima, Ipazia di Alessandria, filosofa e matematica del IV secolo d.c., considerata la più famosa scienziata dell’antichità e lapidata su ordine del vescovo Cirillo e alla quale, raccontano Levi e Tripodi “tolsero gli occhi quando era ancora viva e il suo corpo fu bruciato e distrutto” tanto era lo scandalo e terribile agli occhi dei suoi contemporanei.
Molte, per poter studiare, scelsero di chiudersi in convento (luogo che permetteva loro incredibilmente quella libertà che altrove era ad esse preclusa).
Fu il caso tra i tanti di Ildegarda di Bingen e della figlia di Galileo, Virginia “donna di esquisito ingegno” che fu clarissa nel monastero di Arcetri.
Wiliamina Paton Flaming si fece assumere come governante dal direttore dell’osservatorio astronomico di Harvard pur di continuare a studiare il cielo e scoprire un nuovo tipo di stelle, le nane bianche.
Lilion Muller Gilbert, madre di dodici figli e, ciò nonostante, prima donna ammessa nel 1926 all’associazione americana degli ingegneri meccanici.
La stessa Levi Montalcini si laureò col parere contrario del padre e fu costretta per via delle leggi razziali del 38 a lasciare l’università e a proseguire i suoi esperimenti sui neuroni adattando a laboratorio la propria camera da letto.
E il caso più conosciuto di Marie Curie e della figlia Irene che vinsero tre premi Nobel per i loro studi sulle radiazioni (e per queste morirono di leucemia).
E tante, ancora tante.
Tutte decise a voler vivere come desideravano, come volevano essere.

sabato 3 gennaio 2009

2009

Fuochi artificiali:
da Auckland a Sidney, da Rio a New York, da Mosca a Madrid un tripudio di auguri.

Fuochi reali:
bombe sulla Striscia di Gaza; un ragazzo di 23 anni arso vivo in Calabria; un ragazzo di 25 ucciso per essersi affacciato in un momento sbagliato; una ragazza stuprata alla festa di capodanno a Roma.

Tempo un giorno e l’anno nuovo sembra già riciclato.

“Viviamo ancora dominati dai bassi impulsi” dice Rita Levi Montalcini nel numero odierno del Venerdì di Repubblica “come cinquantamila anni fa. Perché il nostro cervello ha una componente arcaica e limbica (che ha sede nell’ippocampo) che è aggressiva, emotiva e affettiva ed è quella che ha permesso all’australopiteco di salvarsi, quando è sceso dagli alberi e ha affrontato il mondo.
L’altra componente, cognitiva e neocorticale, è molto più recente e corrisponde alla fase del linguaggio. Purtroppo questa parte non riesce ancora a controllare quella più antica che, anzi, nei momenti estremi (guerre, crisi, carestie) torna dominante. Sono le condizioni ambientali in definitiva a metterle in funzione: nei regimi totalitari, per esempio, l’attività del cervello arcaico è al massimo.” “Ma le emozioni allora? dobbiamo metterle a tacere?” “Occorre tenerle sotto controllo.
Ed è quello che andrebbe insegnato a scuola. I bambini non sono cuccioli di cane, hanno una componente cognitiva sulla quale bisogna far leva fin dalla nascita.”

La signora Rita Levi Montalcini va per i cent’anni. Li compirà alla fine di aprile.
Del cervello (e del suo in particolare) dice: “Il cervello non ha rughe. Se continua a lavorare sodo si rinnova continuamente, anche dopo gli ottant’anni. Anzi può perfino migliorare. Con la mia attività lo dimostro: oggi ritengo di avere più possibilità di quando avevo vent’anni per profondità di pensiero e di intuito.” “Bisogna tenere il cervello in attività, sviluppare nuove passioni, perché, altrimenti, il cervello si ferma e con lui il corpo.” “Per le donne,poi , è particolarmente importante perché le donne valgono esattamente come gli uomini, anzi sono dotate di una maggiore flessibilità cerebrale. Purtroppo nel corso del la storia sono state tenute lontane dall’istruzione. Ma laddove hanno accesso al sapere, i risultati non mancano.”

Il bramino Dona vide il Buddha seduto sotto un albero e fu tanto colpito dall’aura consapevole e serena che emanava, nonché dallo splendore del suo aspetto, che gli chiese:
“Sei per caso un dio?” “No, brahmana, non sono un dio” “Allora sei un angelo?” “No davvero, brahmana.” “Allora sei uno spirito?” “No non sono uno spirito.” “E allora che cosa sei?”
“Io sono sveglio.”